sabato 29 settembre 2012

il capitano cook intervista xabier iriondo

Xabier Iriondo, chitarrista autodidatta, sperimentatore, ricercatore, manipolatore di suoni con numerosi progetti all’attivo. Nel 2010 rientra in quella che Manuel Agnelli non esita a definire la migliore formazione degli Afterhours di sempre. A fine settembre 2012 pubblica, per Wallace Records, il suo primo vero disco solista: “Irrintzi”. Lo abbiamo incontrato al Carroponte di Sesto San Giovanni prima di un esplosivo concerto con gli Afterhours, dove, con grande disponibilità, mi ha raccontato un po’ di lui. 
Irrintzi vuole essere un omaggio alle tue radici. Quanto ha inciso e ti ha influenzato la musica tradizionale basca nella tua carriera musicale?
nella mia carriera musicale non saprei definirlo con esattezza, sicuramente nella mia persona perché ci sono cresciuto sin da quando ero bambino. Io sono di origine basca, mio padre era basco e, pur essendo nato a Milano, ho sempre passato quattro mesi all’anno circa là e continuo ad andarci tutti gli anni, avendo famiglia e amici. La passione legata alla musica tradizionale basca è qualcosa che mi accompagna come accompagna un pochino tutti i baschi. La tradizione folk è molto sentita, molto forte e i giovani suonano gli strumenti caratteristici in maniera classica. Alcuni li suonano anche in maniera un pochino bizzarra ed io ho sempre avuto queste sonorità intorno a me. Il suono del txistu che è una specie di flauto clarinetto, tum-tum, tamborra, la stessa txalaparta che è uno strumento molto primitivo, quasi ancestrale, che si suona ancora adesso con dei bastoni sopra delle assi di legno, alle feste patronali e non solo. Diciamo che ho sempre coltivato un background di certe sonorità, di certe melodie un pochino atipiche del panorama folk italiano. Non so poi quanto abbiano inciso realmente sul mio percorso. Soltanto in una forma più matura, negli ultimi 6-7 anni, ho iniziato a ragionarci non solo a livello emotivo, ma anche in modo più organizzato, sia artisticamente che musicalmente. Ho sentito la necessità di capire se potevo trovare dei connubi per inserire i suoni della tradizione basca nelle texture più sature di alcune mie sonorità.


La sperimentazione e ricerca sonora e' sempre stata una tua caratteristica fin dai tempi in cui entrasti a far parte degli Afterhours. da dove nasce questa tua passione?
Dall’infanzia. Sono stato un bambino e poi un ragazzo che amava provare, curiosare, osservare un sacco di cose che lo circondavano, per trovare poi un modo personale di utilizzarle ed applicarle. L’input che mi ha portato a suonare la chitarra elettrica a 17 anni è stato sicuramente l’impulso adolescenziale di voler stare su un palco, ma anche e soprattutto di giocare con questi suoni, con questi timbri. La chitarra elettrica è uno strumento che ha di per sé già più suoni di base perché ha più magneti che catturano il suono posizionati sul corpo dello strumento e attraverso tutte queste scatolettine colorate dalle quali fuoriuscivano sonorità che erano lontane dal bagaglio della chitarra a corde tradizionale. Questa cosa mi ha sempre accompagnato insieme alla voglia di giocare e sperimentare. 

Oltre ad essere un eclettico musicista e chitarrista sei anche un "costruttore" di strumenti particolari. ci parleresti di questi strumenti "preparati”?
Ad un certo punto del mio percorso, circa 12-13 anni fa, ho iniziato a sentire l’esigenza di utilizzare delle sonorità in maniera diversa. Non soltanto lavorare sul suono ma anche sulle tecniche che gli potevo applicare. Ho pensato che suonare la chitarra in modo non tradizionale poteva portarmi a delle nuove sonorità. Ricordo esperimenti legati al fatto di prendere la chitarra, sdraiarla ed usarla orizzontalmente, piuttosto che di cambiare le corde. Tutta una serie di esperimenti che si fanno agli inizi. Da lì è nato poi l’interesse di provare a lavorare in maniera intuitiva per costruire uno strumento ad hoc e l’ho fatto in occasione di un tour con Damo Suzuki. Un pomeriggio sono andato al brico center, ho comprato dei pezzi e mi sono costruito questo strumento molto primitivo con cui ci ho fatto un tour all’estero. Era una specie di prototipo che mi ha accompagnato per diversi anni e che conservo tuttora. Certo, un pochino improbabile e soprattutto poco utilizzabile, nel senso che non riuscivo a mantenerlo sempre ben accordato. Quando poi ho aperto il mio negozio di strumenti musicali ho sentito di nuovo forte l’esigenza di approfondire lo studio di uno strumento ad hoc, con cui potessi creare veramente tutte le sonorità che avevo in testa e che non riuscivo a tirare fuori da una chitarra elettrica tradizionale, con i pedali e l’amplificatore. Ho ideato uno strumento a 10 corde con un diapason molto più corto rispetto a una chitarra, una lap steel, implementando dell’elettronica al suo interno, quindi degli oscillatori, dei fad, facendomi costruire dei magneti apposta a mano (perché non esistono magneti a 10 poli) ed ideando praticamente uno strumento partendo da un disegno. Io non ho l’abilità di usare le mani e allora ragionandoci con un liutaio ho detto: “facciamo un disegno, lavoriamolo con una macchina che lo possa scavare, una macchina a controllo numerico e poi facciamo in modo che possa essere smussato e lavorato a mano”. L’ho fatto non soltanto per me ma anche per una serie di clienti che me l’hanno comprato negli anni di apertura del negozio. La necessità è venuta dal fatto di continuare a sperimentare e trovare dei nuovi modi di interpretare le sonorità che avevo in testa. Questo strumento riesce ad avere una gamma sonora timbrica che va da suoni molto più profondi del basso elettrico a suoni acutissimi quasi sintetici. Ho smesso per due anni e mezzo di suonare la chitarra quando ho ideato questo strumento perché non volevo applicare le tecniche della chitarra sullo stesso. Quindi ho detto: “ reinventiamoci e mettiamoci a giocare...”. Con gli afterhours lo uso pochissimo, solo in due brani dal vivo per poche cose, invece nella mia attività solista è lo strumento principale.

Sound Metak, tra il 2005 e il 2010 è stato un negozio laboratorio di strumenti musicali, ma anche un luogo di incontro di artisti e di idee con performance dal vivo. Com’è nata l’idea e perché ne hai interrotto l’attività?
In realtà la chiusura era prevista fin dall’inizio, si trattava un piano quinquennale. Io ragiono così nella mia vita. Ragiono a blocchi a idee a progetti e non immagino di andare avanti una vita a fare la stessa cosa, non mi interessa. Era dalla fine del 2003 che lo volevo aprire ci ho messo oltre un anno a trovare il luogo, a organizzare quel réseau di clienti e di fornitori soprattutto. Questi li ho conosciuti tutti di persona, volevo avere un rapporto diretto con loro, anche se venivano da molto lontano (dagli Stati Uniti al Nord Europa, Germania in particolare). Si andava dagli strumenti legati alla musica folk: monocorde, kalimbe, ecc. fino ad arrivare agli strumenti elettronici auto-costruiti: pedali per chitarra, sintetizzatori e via dicendo... Avevo in progetto di creare una piccola isola a Milano che offrisse uno spazio fuori dai generis. Una specie di scheggia impazzita nella quale potessero accedere artisti che proponevano suggestioni molto diverse: dal cantautorato all’hard core, alla musica elettronica, alla danza butoh, alle proiezioni video alle istallazioni. Il tutto rigorosamente gratuito, sia da parte dei fruitori che di coloro che venivano ad esibirsi. 125 performance in 5 anni, musicisti italiani e stranieri venuti senza alcun compenso, dopo che ho spiegato loro il mio tipo di progetto. Si è trattato di una “piccola bombetta da fare esplodere” per far capire quanto in realtà ogni spazio aperto al pubblico può rappresentare uno stimolo culturale. Penso ad esempio ad una pasticceria dove ci potrebbe essere un reading di violoncello e voce, è una cosa che all’estero spesso accade. Da noi invece è abbastanza difficile concepirla, ma ho visto che la mia iniziativa ha avuto un successo impressionante. Il negozio era pieno, ha davvero suscitato curiosità. Ho visto entrare e godere delle performance anche soggetti mai immaginati prima e di età che non mi sarei aspettato. Io vivo così, mi è piaciuto scardinare qualche cosa, se qualcuno ha recepito ben venga, se questo non è accaduto mi spiace.


Manuel Agnelli ha dichiarato che quella attuale e' la migliore formazione che gli Afterhours hanno mai avuto. e averti a fianco a lui sul palco gli da una carica particolare. Come hai vissuto questo ritorno? 
L’ho vissuto in maniera molto molto positiva. Sono d’accordo con Manuel, tutti noi pensiamo che questa formazione sia la migliore. C’è una carica speciale, un amalgama emotiva e di amicizia abbastanza unica. Credo che il disco nuovo che abbiamo composto contenga dei germi di energia particolare che hanno fatto sì che questa formazione abbia una resa speciale. Per me è stato davvero bello, interessante e molto semplice ritornare. Loro mi hanno chiesto se volevo collaborare soprattutto rispetto al tour in teatro. Ho detto che mi interessava ma non solo nelle vesti di chitarrista o solista ma portando i miei strumenti auto-costruiti e proponendo anche performance improvvisate. Questa proposta è stata recepita in maniera molto positiva, tanto che, nelle occasioni in cui abbiamo fatto gli spettacoli in teatro, iniziavamo così io e Manuel, io con gli strumenti e Manuel leggendo. Una novità stimolante sia per loro che per me. E da lì finito il tour in teatro ci siamo detti: ”perché non proviamo a immaginarci di fare qualcosa innanzitutto dal vivo? vediamo come ci troviamo. quindi… è tornato un po’ di rock’n’roll nella mia vita! Già continuavo a fare concerti rock con altri gruppi, altri elementi, però gli After sono la principale band di rock’n’roll che abbia segnato il mio percorso di vita non solo come musicista ma anche come appassionato, perché io sono anche cresciuto con loro . Nel corso degli anni la band ha conservato continuamente una media abbastanza buona e soprattutto dal vivo ha sempre sprigionato un’energia strafottente, non badando al volere del pubblico, del sistema, evitando un meccanismo in cui spesso le band di rock’n’roll finiscono col cadere.


Cosa ne pensi dell’attuale situazione musicale italiana, parlo in particolare della scena indipendente...
Secondo me la scena è molto florida, credo ci siano parecchie realtà nel sottobosco interessanti, nuove formule anche tra i giovanissimi. Come spesso accade però, ci sono anche tantissime energie sprecate, realtà che sono molto derivative. Fortunatamente, con il negozio, ho avuto la possibilità di toccare con mano questo movimento. Veniva molta gente a portarmi cd e quindi ho ascoltato tanti lavori particolari, di valore e anche bizzarri. Io sento che c’è grande voglia di fare, grande fermento. Il problema non è la qualità artistica delle proposte, ma tutto quello che gli ruota attorno. Questo fa si che, innanzitutto, un ragazzo che voglia coltivare questa passione, pur avendo anche delle buone idee, venga “smonato” da com’è il sistema, da com’è difficile poter fare il musicista in questo paese. Com’è possibile concentrarsi e applicare tutte le proprie forze ed energie in tal senso?! La questione è sempre: chi ce la farà? Chi sarà più forte ? Chi avrà alle spalle i sostegni economici maggiori per riuscire o chi prenderà il largo e se ne andrà all’estero a fare una serie di esperienze, si consoliderà e poi tornerà in Italia forte di questo?! Ci possono essere tante strade, ma trovo che ci sia valore, mi capita spesso di ascoltare proposte interessanti.

Personalmente mi piace molto il nuovo lavoro di Paolo Saporiti nel quale la tua presenza ha dato una notevole impronta al suono. Com’è nata questa collaborazione?
 Io e Paolo ci siamo conosciuti attraverso soundmetak. Lui è una delle persone che, nei cinque anni di apertura, è venuta due-tre volte a fare delle performance e concerti, anche con formazioni differenti. Per me lui è un autore di valore e un ottimo interprete. I live di Paolo sono molto belli, interessanti e toccanti. Riesce a creare proprio quel filo di collegamento tra lui e l’ascoltatore. Avevo già suonato in un suo mini di svariati anni fa alcune parti con i miei strumenti. Siccome siamo anche amici,ora gli è venuta l’esigenza di dirmi: “guarda Xabier, io vorrei fare un disco con delle sonorità diverse, con un mondo sonoro proprio completamente separato, lontano da quello che era il passato. Conoscendoti, ti chiedo schiettamente se avresti voglia di farlo…”. Ho ascoltato i brani, trovato delle soluzioni e costruito un telaio sul quale proporre questo cantautore con un impianto un pochino sporco, deragliato. Quindi ho suonato alcune parti e, soprattutto, ho mixato e prodotto il tutto. È un disco abbastanza internazionale un pochino fuori dagli schemi. Se tu arrivi con un suono e un’idea di arrangiamento abbastanza particolari puoi lasciare il segno, magari creando una nuove chiave di lettura delle canzoni di partenza.



Tra le decine di progetti a cui hai partecipato, spesso da protagonista a quale sei più legato?
Come si può dire qual è il bambino preferito tra i figli che hai? Tra le realtà più importanti del mio percorso musicale ci sono senza dubbio gli Afterhours, visto che ci ho suonato per tanto tempo e tuttora ci suono. Poi, probabilmente del passato, i Six Minutes War Madness e The Short Apnea sono le realtà che mi hanno formato in un senso non rock’n’roll abbastanza unico. Di quelli degli ultimi anni senza ombra di dubbio ricorderei gli Uncode Duello, the Shipwreck Bag Show e NoGuru. In realtà sono veramente tanti, ma se dovessi comunque delineare delle linee guida del mio percorso, sia nell’ambito rock che in quello più avanguardistico, confermerei di sicuro i nomi appena detti. Ci sono poi state tantissime cellule impazzite e anche progetti molto piccolini che mi hanno dato soddisfazione. Sicuramente però, il fatto che non li abbia portati avanti, nel bene e nel male, sig
nifica che non erano le scarpe precisissime nelle quali volevo stare.

Un tuo consiglio a chi vuole fare della musica la sua professione?
Fare tante esperienze lontano da questo paese. Andare a suonare per strada, facendo il busker, provare esperienze in ambiti musicali diversi, andare nelle nazioni dove la musica pop moderna è nata, come gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Spingersi anche in luoghi lontani: penso all’Oriente, all’Africa dove ci sono un sacco di possibilità per apprendere nuove suggestioni che ci stacchino dai nostri schemi e sistemi musicali.
Fare un viaggio in India per imparare cos’è la musica indiana potrebbe aprire tantissimo la mente perché s’incontra un sistema di vita e cultura basato su altre regole. Io direi quindi di viaggiare, conoscere più persone, fare il maggior numero di esperienze possibili e poi consolidare la propria idea, il proprio progetto, la propria personalità. Non è importante suonare, suonare lo può fare chiunque! Avere qualcosa da dire nel senso artistico del termine è la cosa più complessa e difficile. Per fare in modo di consolidare sé stessi rispetto alla propria idea progettuale è indispensabile fare tanta esperienza confrontandosi con gli altri. Questo da anche la possibilità di sviluppare una maggiore capacità di autocritica. Se sei sempre da solo e circondato da persone che ti ripetono:”quanto sei bravo, mi piace quello che fai!” finisci col costruirti un altarino. Invece se ti confronti e vedi che nel mondo ci sono proposte talmente varie e di sicuro superiori alla tua, può nascerti lo stimolo per cercare e creare cose nuove, più uniche, più vere…
Cosa c’è nel futuro di xabier iriondo?
Innanzitutto cercare di vivere più anni possibili per potermi godere la mia vita, mia figlia, mia moglie,le mie amicizie, poter viaggiare molto e, se fosse possibile, suonare talmente tanto e a lungo da realizzare tanti progetti diversi…

Carroponte, 18 settembre 2012

james cook wash here!


*foto di Thomas Maspes
*grazie per la preziosa collaborazione a multi filter e ellebi.

articolo pubblicato su just kids Webzine #1


venerdì 28 settembre 2012

colapesce - oasi (2012)

qualcuno parla già di "soft core" per colapesce. il quarto singolo di ‘un meraviglioso declino’, sicuramente uno dei migliori dischi italiani di questo 2012 (vincitore del premio tenco nella sezione opera prima), è stato girato dal documentarista di culto e maestro della nouvelle vague italiana pino carocciolo.
buco della serratura sulla vita di due studentesse fuori sede, il video è stato realizzato con un iphone 4s e un'applicazione da 79 centesimi (e il montaggio di giuseppe schillaci). cosa sarà nato dall'incontro fra le nuove tecnologie e il cineasta assente dalle scene da circa 29 anni?

oasi

l’afa scioglie le porte
programmiamo le ferie
per guardarci negli occhi
le tue frasi gentili
lo stipendio da niente
dimezzato dai vini
l’autostrada sputa fuoco
sembra un drago
il tuo seno lavica
la terra trema
cerco l’oasi di servizio
non la trovo
tu che goccioli al mio fianco
quasi muoio
le canzoni appannate
di una radio che prende
solo le interferenze, la spengo
con le guance infuocate
canti e scacci una mosca
con la mano sinistra
in quest’auto il concerto
più bello del mondo
posseggo un biglietto
l’autostrada sputa fuoco
sembra un drago
il tuo seno lavica
la terra trema
cerco l’oasi di servizio
non la trovo
tu che goccioli al mio fianco
quasi muoio

giovedì 27 settembre 2012

frei - vento tropicale (2011)

sulle tracce della volpe” è un disco di canzoni. canzoni italiane che nascono da suggestioni quotidiane, frammenti emotivi di vita tradotti in visioni pop. i primi accordi nascono in un piccola casa nel bosco dove frei vive solo e dove, con la sua chitarra e 4 gatti, si rinchiude a scrivere per qualche mese. poi... buttata giù una manciata di canzoni esce di casa, chiama con sé dario giovannini e loris ceroni e... il disco è invaso dai colori. batterie sincronizzate e incrociate si compongono con chitarre elettriche e acustiche. banjo, basso, pianoforte, sax, trombone e tastiere si stratificano a formare un amalgama unica di armonia e ritmo con la voce di frei. una voce ruvida ma romantica, intensa e diretta…

mercoledì 26 settembre 2012

eildentroeilfuorieilbox84 - proprietà (2012)


eildentroeilfuorieilbox84 sono un trio romano, nato nel box auto numero 84, appunto, e formato da giuseppe maulucci, giorgio rampone e lorenzo lemme.
cresciuti umanamente e artisticamente nell’area romana orbitante attorno al circolo degli artisti, hanno pubblicato tre album liberamente disponibili sotto licenza creative commons prima del recente ‘la fine del potere’ per l’etichetta trovarobato.
il video di ‘proprietà’ è stato realizzato dal filmaker e giornalista matteo minasi che, durante l'autunno 2011, ha seguito costantemente l’evoluzione del movimento ‘occupy wall street’, e ha girato il documentario ‘indignati americani’, trasmesso da rai tre nel pieno della protesta.
matteo minasi ci porta direttamente dentro a un movimento che, proprio come recita il testo del brano, ‘ipotizza un mondo’ al di là degli schemi di possesso tipici della nostra epoca. il video si concentra su una coppia di ragazzi, mia e dan, che aderiscono alla protesta, e sulla loro separazione avvenuta con l’arresto di dan nella notte dello sgombero di zuccotti park, luogo simbolo della protesta, nel cuore del distretto finanziario di new york

martedì 25 settembre 2012

matt waldon - will (2012)




è uscito da qualche settimana oktober, primo album solista di matt waldon, il giovane cantautore veneto che si è fatto le ossa nei the minigtown, la band da lui fondata che ha avuto la soddisfazione di accompagnare neal casal (già membro dei cardinals di ryan adams e ora insieme a chris robinson, ex black crowes) in alcune tappe del tour italiano. il suo è un folk-rock sporcato di country a tratti malinconico ma molto gradevole all’ascolto. insieme a lui alcuni ospiti di riguardo, tra cui caitlin cary (violinista dei whiskeytown), il grande kevin salem e il toscano cesare carugi.
will è l’ultimo brano del disco e il video, girato da federico temporin, rende bene l’atmosfera di oktober...

lunedì 24 settembre 2012

missincat - wide open wings (2011)


caterina barbieri è nata e cresciuta a milano. nel 2007 si trasferisce a berlino in cerca di ispirazione musicale, dove trova il successo cantando in inglese,
con lo pseudonimo di missincat. tra milano e berlino registra i brani del suo primo album, con la tipica formula acustica chitarra voce e poco altro.
l'etichetta revolver le propone un contratto e successivamente il singolo back on my feet viene usato da nintendo per una campagna pubblicitaria. amy winehouse la invita ad aprire i concerti del suo tour tedesco nel 2010, poi proseguono nuovi tour in australia e stati uniti.
caterina si sente una cittadina del modo. ha viaggiato molto ed ha tanti amici stranieri. ha imparato a suonare il piano da bambina, su un bechstein mezza coda, nel salotto della nonna.
il suo disco più recente è wow (abbreviazione di wide open wing). questo è il primo singolo pubblicato: un gioiellino di semplicità, acustico e minimale, ma allo stesso tempo elegante e ricco di emozioni...

domenica 23 settembre 2012

giulia y los tellarini - barcelona (2006)

giulia tellarini nasce a treviso e, seguendo il padre che lavorava per le forze aeree militari, ha l’occasione di vivere in diverse capitali europei. insieme al fidanzato argentino decide di trasferirsi a barcellona, dove forma un gruppo eterogeneo che chiama giulia y los tellarini: i componenti sono un’italiana, un argentino, un tedesco e quattro ragazzi spagnoli.
si esibiscono in piccoli locali e per le strade interpretando cover e pezzi loro. incidono il loro primo disco  intitolato eusebio, dedicato a un anziano artista molto conosciuto che vive nel barrio gracia.

Nel 2007 woody allen arriva nella capitale catalana per girare il film vicky cristina barcelona. il chitarrista del gruppo lascia una copia del loro album nella hall dell'hotel arts dove alloggia il regista ed  inaspettatamente allen ascolta ed apprezza, al punto da includere due brani del cd nella colonna sonora del lungometraggio.

barcelona è stata scritta in cinque minuti e, con i proventi, l’autrice ha potuto vivere due anni…
barcelona
porque tanto perderse tanto buscarse sin encontrarse
me encierran los muros de todas partes

barcelona te estás equivocando no puedes seguir ignorando
que el mundo sea otra cosa y volar como mariposa.
barcelona hace un calor que me deja
fría por dentro con este vicio de vivir mintiendo
que bonito seria tu mar si supiera yo nadar.
barcelona y mientras está llena de cara de gente extranjera,
conocida, desconocida … y vuelta a ser transparente.no insisto más barcelona
si no es cosa de tus ritos tu laberinto extrovertido.
no he encontrado la razon porque me duele el corazon
porque es tan fuerte que sólo podré vivirte en la distancia
y escribirte una cancion.
te quiero barcelona
barcelona es poderosa

sabato 22 settembre 2012

murakami haruki - kafka sulla spiaggia (einaudi, 2008)

"qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. per evitarlo cambi l'andatura. e il vento cambia andatura, per seguirti meglio. tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra col dio della morte prima dell'alba. perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te, è qualcosa che hai dentro. quel vento sei tu. perciò l'unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia. attraversarlo, un passo dopo l'altro. non troverai sole nè luna, nessuna direzione, e forse nemmeno il tempo. soltanto una sabbia bianca, finissima, come fosse fatta di ossa polverizzate, che danza in alto nel cielo. e naturalmente dovrai attraversarla, quella violenta tempesta di sabbia, è una tempesta metafisica e simbolica. Ma per quanto metafisica e simbolica, lacera la carne come mille rasoi. poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. ma su un punto non c'è dubbio. ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato. sì, questo è il significato di quella tempesta di sabbia."

venerdì 21 settembre 2012

g-fast - the shaman (2012)


il blues nacque negli stati uniti agli inizi del secolo scorso. lo strumento che fu più utilizzato dai primi musicisti neri liberati dalla schiavitù fu la cigar box, una specie di chitarra a due, tre o quattro corde che come corpo aveva spesso una scatola di sigari. l’uso della chitarra ne fu la naturale conseguenza ma, spesso, considerando la condizione di povertà vigente, quando le corde si rompevano, i musicisti continuavano a suonare, tornando spesso alle quattro o addirittura tre corde delle origini.
gianluca g-fast fasteni si presenta sui palchi con una vecchia chitarra acustica a tre corde e una pedal board che incastra e sovrappone i loop ritmici per proporci il suo blues desertico e graffiante.
nel video, girato a milano dal fotografo gianni lo giudice, che ha come protagonista l’attore gianluca de angelis, g-fast suona e strega i passanti come un vero sciamano metropolitano…

giovedì 20 settembre 2012

umberto maria giardini - quasi nirvana (2012)


umberto maria giardini ritorna, a quasi tre anni di distanza dall’abbandono del progetto moltheni e dopo la breve parentesi strumentale con i pineda. ritornano le sue tipiche atmosfere visionarie e psichedeliche con sonorità e colori vicine ai classici del rock femminile inglese. il suono evolve: vendute le chitarre acustiche torna ad imbracciarne una elettrica ma i temi frequentati sono sempre legati all’amore, al rapporto uomo-donna e alla natura.
nel video, diretto da nicola santoro tra svezia e italia, il protagonista vaga disorientato accompagnato costantemente dalla presenza della morte, fino ad arrivare ad una metropoli indifferente alla sua sofferenza.

parlami, corpo vivente in prêt-à-porter
cambiano i tempi, brillano i denti nelle bocche in tv 
amore antibiotico, antiaderente al mio cuore 
toglimi come va tolta la carie dai denti 
cambiano i tempi, perdono i colpi gli orologi a cucù 
amore incredibile, quasi nirvana 
bruciami, come la legna in inverno ora mi fermo e ti tengo un po' qui…

mercoledì 19 settembre 2012

diego mancino - come dei ragazzi (2012)



robert poggiò la testa contro la mia spalla. avvertii un po' di tensione abbandonare il suo corpo. "andrà tutto bene" dissi. "riavrò il mio lavoro e tu ti rimetterai".
"ce la faremo, patti" disse.
ci promettemmo che non ci saremmo abbandonati più finché entrambi non fossimo stati in grado di camminare ciascuno con le proprie gambe. e a questa solenne promessa, nonostante tutto ciò che ancora avremmo dovuto affrontare, tenemmo fede.
"al chelsea hotel", dissi all'autista frugando le tasche in cerca di spiccioli, affatto sicura di poterlo pagare.
(just kids - patti smith, pag.98)


come dei ragazzi è un imperativo rubato al titolo di un bellissimo libro: just kids di patti smith che è l’autobiografia di un periodo di vita in cui patti e robert mapplethorpe vissero insieme a new york per un certo tempo.
la visione di questi due artisti, di questi due giovani pieni di meraviglia, mi ha ricordato che il dovere di un artista è quello di provare a dare la meraviglia agli altri, oltre che a se stessi. ed è questo l’essere come dei ragazzi: bisogna meravigliarsi, aprire il cuore alla meraviglia e al senso di meraviglia…

(diego mancino)

"siamo come dei giganti, tutto quello che sogni non esiste soltanto quando spegni la luce..."
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martedì 18 settembre 2012

dellera - le parole (rivoglio il mio disordine) (2012)

le parole è la versione pop di into outer space, una canzone dei thought gang in cui roberto dell’era ha militato insieme a tim middleton (autore della musica) e tom livermore durante il lungo periodo vissuto a birmingham. è uno degli ultimi brani registrati per il suo debutto da solista (colonna sonora originale del 2011) e il testo lascia spazio a diverse interpretazioni, pur rimanendo chiaro il tema della comunicazione  nel quale ognuno può ritrovare ciò che vuole, soprattutto il proprio disordine. il piccolo film, scritto da giorgina pilozzi e dallo stesso dellera ha tre protagonisti: il fiume tevere, poderoso ma ben nascosto dentro la città, il bianco e nero, che consente di concentrarci meglio sulla parte onirica di questo piccolo viaggio e ian sassanelli, il bimbo che ha recitato nel video e rappresenta l’alter ego del musicista libero di correre e di impossessarsi degli spazi. il tutto in una sorta di omaggio a ‘i 400 colpi’ di francois truffaut senza però creare riferimenti al fillm.

"le parole è così facile lasciarle andare, diventarne complici…"

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lunedì 17 settembre 2012

the second grace - antananarive (2007)


the second grace nascono nel 2005 e, due anni dopo, alcuni pubblicitari chiedono di poter utilizzare in uno spot televisivo per la pasta fini il brano antananarive, ascoltato casualmente su myspace. durante quei 30 secondi compare il nome del gruppo e del brano e si intravede fabrizio cammarata intento a suonare il pezzo. un'atmosfera dolce e sincera sospesa tra la sicilia e il mondo, un'ottimo mix tra il folk americano, le melodie british e le sonorità caraibiche. da allora il cantautore e chitarrista, anima del progetto, non è mai stato fermo in un posto più di qualche giorno, viaggiando per il mondo tra concerti e registrazioni.
il video di antanarive è stato girato con la tecnica del cameracar dal regista catalano sergi capellas (lo stesso dello spot), in una palermo suggestiva e colorata, tra capo e vucciria...


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