lunedì 8 ottobre 2012

valerio millefoglie - il lottatore mascherato con gli occhiali (2012)





valerio millefoglie: un dj che mixa parole invece che dischi e un telegiornale in cui invece che le notizie vengono letti i sogni. il suo ultimo album si intitola "i miei migliori amici immaginari" ed il suo ultimo libro "l'attimo in cui siamo felici".



IL LOTTATORE MASCHERATO CON GLI OCCHIALI
La lotta Libera dalla Violenza

Sono stanco di essere me stesso. Tolgo gli occhiali, infilo una maschera, rimetto gli occhiali. Non sono più me stesso. La prima cosa che faccio è entrare in un ristorante. È domenica, il giorno in cui ci si prepara per ricominciare tutto. Ci sono alcune famiglie con bambini. Gli adulti non hanno il coraggio di guardarmi negli occhiali, preferiscono guardare di nascosto l’immagine che rifletto sul grande specchio della sala. Non lo fanno certo per timore, non ho muscoli. Pensano che voglia attirare l’attenzione del mondo. Io l’importanza la voglio solo da me, è con me che voglio fare bella figura, è a me che voglio dimostrare di poter cambiare. Tutti dovremmo fare almeno una volta al mese qualcosa che non abbiamo mai fatto prima. Io la sto facendo ora. I bambini si avvicinano sempre di più al mio tavolo fino a quando i genitori non li richiamano, è meglio che i figli non vedano un supereroe mangiare un piatto di minestra. Che insegnamento posso dargli con un tovagliolo stretto al collo? Non sanno che nella mia mente ho creato l’orfanatrofio dei bimbi che non ci vedono bene, poveri bimbi sprovvisti di figura paterna e di vista. Ai muri i segni del gessetto per calcolare quanto sono più alti di un giorno e mezzo fa, sono coperti dalle macchie di sangue. I bimbi non vedendo la vita ci sbattono contro, già da piccoli imparano a prenderle senza possibilità di rivalsa. Un muro è imbattibile. Io voglio diventare come il muro: il primo lottatore che non ha una mossa vincente, il primo lottatore che vince solo grazie alla sua miopia. Il Lottatore Mascherato con gli Occhiali. È questo che insegnerò agli orfanelli nella mia testa e ai bimbi nei ristoranti di tutta la città: nella vita bisogna essere deboli. Salirò sul ring e vincerò senza alzare nemmeno un dito, se non per pulire le lenti.
Esco dal ristorante e vado in cerca di un allenatore. Non lo trovo in una palestra, ma in un negozio di ottica. L’oculista allenatore mi sfida a leggere le lettere più grandi che ci sono, ho già perso la sfida con quelle più piccole. Dopo ci perdiamo d’animo.
Per riprendermi faccio la vita di tutti i giorni, ma in maschera. Le persone non sono abituate a vederti mentre sei finalmente qualcun altro. L’edicolante non si aspetta questa mossa, spera ancora che mi lamenti di non essere me stesso. Siamo noi stessi sempre, dobbiamo sfruttare i pochi momenti d’incoscienza per essere finalmente altri. Come tutti i giorni gli chiedo il giornale, ma glielo chiedo mascherato con gli occhiali e lui non sa come reagire. Con l’indifferenza, con la risata, con il cipiglio? Intanto il momento è già passato e sono al bar. È difficile bere con una maschera mentre intorno fanno finta di nulla. Il barista quando torna a casa non è il barista, una bella mattina dovrebbe avere il coraggio di scendere così com’è la sera. Come fa il mio unico amico, un patito degli occhiali per saldatori. Non ha mai saldato niente in vita sua. Per questo non li leva mai. Il suo sogno di saldare può così essere perenne, non disilluso dall’esperienza e dall’abitudine. Le lenti sono gigantesche perché le scintille stupiscono. Quelle artificiali però si vedono di più di quelle figurate, per questo solleva sempre un po’ il collo, per sfruttare i riflessi della luce. Indossa una canotta con sopra il disegno di un’ancora, la tiene lì in caso la corrente lo trascini via. Proprio come sta facendo il vento con le foglie sugli alberi, queste non hanno le ancore e volano via. La bufera bussa alla porta con lui. Scosta la tendina della porta d’ingresso della mia casa di legno e affrettato dice parlando quasi fra sé e sé: “Ho avuto un’idea, organizziamo il primo campionato mondiale di lotta femminile nel fango, questa volta svoltiamo… che dici?”. Non dico nulla, il suo entusiasmo si era già spento al “che dici?”, la certezza era già in forse. La speranza persa, passata a qualcun altro più convinto. Gli porgo un bicchiere d’acqua. Ci beviamo sopra.
Mi accorgo che è il grande giorno quando sta già quasi per finire. L’insegna fuori dal palazzetto recita: “La Lotta Libera Dalla Violenza”. Nello spogliatoio squilla il telefono. L’oculista allenatore risponde: “Sì, è qui, è pronto”, poi mi dà una pacca sulla spalla e capisce di aver nuovamente mentito. Ancora una volta ci perdiamo d’animo. Camminiamo nei corridoi del palazzetto, io guardo in basso perché è lì che punto sempre. Lui si gira, guarda il pavimento, da lì prende il mio sguardo e lo risolleva. Quando salgo sul ring i cattivi sono già pronti a farmi volare gli occhiali. Il mio unico amico urla dagli spalti: “Lasciatelo che non ci vede!”. È proprio così che vinco. Se vedi troppo bene perdi l’istinto. Rotolo per raccogliere gli occhiali e sfuggo al volo d’angelo che mi voleva uccidere. Mi rialzo, il cattivo rimane a terra. Le comiche hanno sempre qualcosa di tragico. Il pubblico esulta per te e tu no.
Sull’amaca che mi fa da letto torno solo. Leggo una vecchia enciclopedia dal titolo: “Vita Meravigliosa”. C’è un paragrafo meraviglioso per ogni aspetto dell’esistenza, dalla storia alla geografia, dalla musica fino alle ultime, ormai sorpassate, scoperte in campo scientifico. Leggo una cosa meravigliosa a sera, poco prima che passi l’ultimo treno. Non ho un orologio e il suo passaggio mi ricorda che è il momento di provare a prenderlo. Arrivo sempre in ritardo e con la mia valigia di cartone lo guardo sfilare sotto i miei occhi. Per un attimo la casa di legno viene illuminata dalle luci che ci sono nei vagoni, qualcuno sta andando da qualche parte e il suo viaggio mi arriva anche da questa banchina improvvisata. Poi torna il buio. Mi sfilo gli occhiali, mi sfilo la maschera, rimetto gli occhiali, torno me stesso. Ma tanto nessuno può vedermi.





*racconto inedito pubblicato su wired

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