"in casa mia pop e rock erano banditi - e per la verità non ne ho mai sentito la mancanza” così si presenta julia kent, originaria di montreal, ma arrivata a new york nel 1989. i suoi idoli sono tutti compositori classici, igor stavinskij in prima linea. quando poi comincia a studiare il violoncello, nasce l’amore per compositori contemporanei come arthur russell, che usano lo strumento in maniera anticonvenzionale. compone musica per teatro, colonne sonore (ha collaborato, fra l’altro alle musiche di this must be theplace di paolo sorrentino) e si dedica anche con passione ad una carriera solista. ha suonato nei johnsons, band di antony hegarty, che considera la quintessenza dell’artista, l’unica voce in grado di dare una forma alla sua musica astratta. ha collaborato con il william parker double quartet, per un progetto dedicato a jean luc godard.
lo scorso marzo ha pubblicato character, suo terzo album in studio, forse il lavoro più personale, in quanto influenzato soprattutto da uno stato emotivo interiore. l’ispirazione nasce dall’idea che noi tutti siamo personaggi (characters) nella narrazione della nostro vivere quotidiano, anche se non necessariamente abbiamo il controllo di questo racconto.
il disco diventa così l’occasione per parlare in musica delle svolte inaspettate che possono attendere ognuno di noi, lungo il percorso della vita. per rappresentare al meglio queste emozioni, julia si affida ad una musica senza confini ben definiti. i brani si sviluppano per “addizione”, grazie ad un procedimento tecnico vero e proprio, il looping (ovvero la riproduzione ripetuta di campionature musicali). l’elettronica è un elemento importante di questa creazione musicale a strati, tesa sempre a creare suoni che siano complementari o in contrasto con le qualità timbriche del violoncello.
lo scorso marzo ha pubblicato character, suo terzo album in studio, forse il lavoro più personale, in quanto influenzato soprattutto da uno stato emotivo interiore. l’ispirazione nasce dall’idea che noi tutti siamo personaggi (characters) nella narrazione della nostro vivere quotidiano, anche se non necessariamente abbiamo il controllo di questo racconto.
il disco diventa così l’occasione per parlare in musica delle svolte inaspettate che possono attendere ognuno di noi, lungo il percorso della vita. per rappresentare al meglio queste emozioni, julia si affida ad una musica senza confini ben definiti. i brani si sviluppano per “addizione”, grazie ad un procedimento tecnico vero e proprio, il looping (ovvero la riproduzione ripetuta di campionature musicali). l’elettronica è un elemento importante di questa creazione musicale a strati, tesa sempre a creare suoni che siano complementari o in contrasto con le qualità timbriche del violoncello.
ecco un assaggio della magia che riesce a trasmettere, il brano tourbillon, accompagnato dalle affascinanti immagini del video creato da levin haegele...