ogni componente del gruppo viene da esperienze musicali molto diverse: si spazia dal rock all'industrial, dal metal al post rock, dalla musica popolare al liscio. l’elemento che accomuna tutti quanti è il forte legame con roma, una sorta di equilibrio instabile, nato dal rapporto di amore-odio che nutrono per la capitale. nelle loro canzoni le esperienze personali si fondono con quelle degli altri, nel desiderio di arrivare al un livello massimo di condivisione dei propri pensieri con quelli di chi li ascolta. la loro musa è la realtà, la vita quotidiana, in particolare il racconto di storie di perdenti e diseredati, ma facendolo quasi con la loro voce, scendendo per strada e facendole vedere come sono, senza sovrastrutture. a poco più di un anno dall'uscita del loro primo disco, l'ammazzasette, seguito da un tour di oltre cento date, la band, a fine ottobre, ha pubblicato ancora ridi, un lavoro in cui l’approccio folk e cantautorale si arricchisce di echi western e si apre a sonorità più rock anche grazie al contributo alla produzione e al missaggio di tommaso colliva.
particolare è la scelta di inserire anche due tracce parlate, che diventano veri e propri racconti, storie recitate. il sound proposto è elettroacustico e contaminato dalla presenza di strumenti quali la fisarmonica e il violino, solitamente meno usuali in ambito rock. il video che vi propongo, diretto da carlo roberti, è relativo al brano il canto degli affamati, primo singolo estratto da questo secondo album. una voce baritonale, pungente, caustica, ironica, unita alla melodia trascinante ed energetica ci accompagnano nel racconto di una roma senza tempo in cui la fame, la povertà, in passato come nel problematico presente, diventano protagoniste del vivere quotidiano…
il canto degli affamati
so’ stato a lavorà tutta l’estate
e m’è rimasta solo fame e sete
mi moje è bianca che pare de cera
e gnente c’ha da coce quanno è sera
sembramo du’ fantasmi in controluce
pe’ baccajà nun c’è rimasta voce
e ‘sta chitara c’ha ‘na corda sola
e a mezzanotte er core ce ristora
ma ‘sta canzone se la porta ‘r vento
più arta de san pietro e parlamento
‘sta roma derelitta pija d’aceto
‘na mano c’ha davanti e l’artra dietro
chi c’ha quarcosa se lo tiene stretto
e c’ha ‘r fucile carico ne’ lletto
se arza ogni mezz’ora a controllà
non fosse che quarcuno stia a magnà
chi nun c’ha gnente campa a la giornata
se venne i panni e magna l’insalata
je conti l’ossa quanno ce sta er sole
la fame co' la fiacca lo rincore
ma ‘sta canzone se la porta er vento
più arta de san pietro e parlamento
‘sta voce s’è scallata alla bon’ora
la roma de’ poracci dorme ancora
é troppo tempo che nun magno gnente
me magnerei ‘na cinta de serpente
tanto sognà nun è che costa caro
me magnerei la sella der somaro
c’ho tanta fame che non pio più sonno
de giorno pe’ la fame più m’addormo
dovrebbe escogità n’artro sistema
pe’ nun annà a dormì senza la cena
ma ‘sta canzone se la porta er vento
più arta de san pietro e parlamento
‘sta roma derelitta pija d’aceto
‘na mano c’ha davanti e l’artra dietro
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