hauschka, all'anagrafe volker bertelmann, è un musicista originario di dusseldorf, germania. dedicatosi per molto tempo all'elettronica è poi tornato al suo primo amore, il pianoforte, in modo del tutto sperimentale, alterandone i suoni di base. per ottenere questo, lo strumento viene "preparato" con meticolosità inserendo, su corde e martelletti, tutta una serie di oggetti fatti nei materiali più disparati, dalla plastica all'alluminio, alla carta, fino a quelli più estremi. queste “modifiche” conferiscono allo strumento anche una valenza percussiva. pure i fans si sentono coinvolti in questo "lavoro di ricerca", per cui capita che portino ai concerti sacchetti pieni di oggetti nella speranza che possano rivelarsi utili. il modo migliore per apprezzare il talento di questo musicista è assistere ad una delle sue performance live, come è successo a me la sera di sabato scorso, nell'ambito della manifestazione piano city milano, presso il parco della villa reale.
hauschka, quando sale sul palco, non decide mai la scaletta, dà totalmente spazio all'improvvisazione e all'energia che il pubblico presente gli trasmette. il suono del piano, con questa tecnica, si arricchisce di nuove e inaspettate profondità. le melodie si ripetono, solo apparentemente uguali. loop progressivi si susseguono, aggiungendo ogni volta particolari quasi impercettibili, che alla fine però, conquistano, facendoti pensare: "ma come siamo arrivati fin qui?".
il brano che vi propongo, mount hood, è tratto dall’album foreign landscape, pubblicato nel 2010. la registrazione del video è stata effettuata negli studi di washington della national public radio, dove hauschka ci dimostra come strappare suoni dirompenti dagli 88 tasti dello strumento, attraverso l’inserimento di palline da ping pong, fogli di alluminio e pelle...
hauschka, quando sale sul palco, non decide mai la scaletta, dà totalmente spazio all'improvvisazione e all'energia che il pubblico presente gli trasmette. il suono del piano, con questa tecnica, si arricchisce di nuove e inaspettate profondità. le melodie si ripetono, solo apparentemente uguali. loop progressivi si susseguono, aggiungendo ogni volta particolari quasi impercettibili, che alla fine però, conquistano, facendoti pensare: "ma come siamo arrivati fin qui?".
Nessun commento:
Posta un commento