Charles Bukowski (1920-1994)
Appena affacciato al mondo delle scuole superiori la mia curiosità esplose: conoscere gente nuova, utilizzare mezzi pubblici, uscire da un contesto ordinario fece in modo che iniziassi ad appassionarmi a tantissime cose di cui prima non sentivo il bisogno, in particolare in ambito musicale e letterario. Un pomeriggio notai in libreria “storie di ordinaria follia. erezioni eiaculazioni esibizioni” di Charles Bukowski. Quel titolo mi invitò a leggere subito qualche riga. In breve ne fui catturato, lo comprai e iniziai a divorarlo, tale era la frenesia di esplorare il mondo maledetto che raccontava. Di lì a poco diventai un fan vorace dello scrittore americano, procurandomi man mano tutte le sue opere: romanzi, racconti, poesie, fino quasi ad immedesimarmi con la sua vita. Intendiamoci, non è che passassi le giornate a bere, vomitare, andare alle corse di cavalli e a barcamenarmi con qualsiasi lavoro possibile; né tantomeno le notti in squallide camere d’albergo con donne sconosciute, a fare sesso e scrivere racconti ascoltando musica classica. Vivevo come un normale teenager di provincia, ma sognavo una vita maledetta. Arrivai al punto che qualche amico iniziò a chiamarmi Chinaski, dal nome dell’alter ego di Bukowski utilizzato nei suoi libri.
Un giorno lessi l’avventura di alcuni ragazzi italiani che arrivarono a San Pedro, nei pressi di Los Angeles, dove viveva. Si presentarono alla porta con la celebre six-pack ghiacciata in mano (la confezione da sei birre tanto presente nei suoi racconti), trovandolo disponibile ad accoglierli. Da quel momento avevo una missione: organizzare il viaggio della vita ed incontrare il mio eroe. Dopo giorni passati a documentarmi su aerei e improbabili hotel californiani, la dura realtà, cioè la mancanza di fondi, mi si presentò spietata; fui costretto a ripiegare, accantonando temporaneamente l’idea.
Passò qualche anno, le cose cambiarono, ma la passione per Bukowski rimase immutata e ogni tanto mi ritrovavo a pensare a quel sogno nel cassetto…
Quel sogno si infranse definitivamente la mattina dell’11 marzo 1994 quando, mentre bevevo un caffè in un bar milanese, sfogliai il corriere e l’occhio mi cadde su un articolo a firma Fernanda Pivano, che mi gelò il sangue: “E’ morto Charles Bukowski, l’ultimo scrittore maledetto”. Mi avvolse subito un enorme senso di tristezza che mi impedì di rientrare in ufficio quel giorno. Andai in centro, comprai l’ennesima riedizione di “post office” e mi sedetti su una panchina a leggerlo: in quel momento sentivo solo il bisogno essere dentro le sue storie per immedesimarmi ancora una volta con lui…
*post originariamente pubblicato su SEGNALE ORARIO [Gli Orologi di Everton] per la giornata a tema UN IMMAGINE... UN RICORDO...
Nessun commento:
Posta un commento