in genere leggo un libro quando mi incuriosisce o qualche persona di cui mi fido me lo consiglia. il fatto che poi magari il volume abbia vinto il premio campiello opera prima non influenza minimamente il mio giudizio. viola di grado invece porta una bella ventata di novità, perlomeno sul mio comodino. leggere questo romanzo della ventitreenne esordiente catanese è stato davvero un piacere ed una bella scossa emotiva. ho trovato la capacità di costruire un linguaggio originale ed innovativo, di rompere certi schemi linguistici, di inventare nuove forme di comunicazione con una scrittura forte e decisa, affrontando una storia cupa, dura, violenta e trasgressiva. la scrittrice coinvolge con un ritmo sempre più incalzante nel mondo della protagonista a leeds, "dove l'inverno è cominciato da così tanto tempo che nessuno è abbastanza vecchio da aver visto cosa c'era prima". il romanzo catapulta letteralmentre in un clima ruvido, caustico, corrosivo, distruttivo ma da subito risulta avvincente e appassionante. insomma un libro che consiglio a tutte le persone che, come me, cercano sempre qualcosa di nuovo da esplorare...
nella mia copia, prestatami da un'amica appassionata lettrice (sister), ho trovato un quadrifoglio secco tra le pagine 10 e 11, nel punto in cui la protagonista si presenta così: "...state pensando che christopher road è l'ultima via in cui ambientare un romanzo, figuriamoci poi la storia della propria vita, eppure a guardarla adesso sulla pagina io mi ci vedo dentro con nitidezza, come in una foto di classe. io sono quella con il naso grande e i capelli lunghi neri, la carnagione chiarissima, no, più a destra, dico quella con la frangia e gli occhi verdi, mi vedete o no? quella che sta guardando dentro al cassonetto, si proprio quella. altro che storia della mia vita, la mia vita non ce l'ha una storia, di certo una storta, ma una storia no. la mia vita al posto delle storie ha crateri profondi pieni di sabbia, come quelli che ci sono sulla luna, quelli che da piccola ti sembrano occhi naso e bocca. zoomate su me bruna con frangia che butto la giacca fucsia. la neve aveva trasformato i sacchi in leziosi pupazzi di neve. in quel momento, affondando il mio sacco nero nel cassonetto, vidi un vestito. era verde bosco coi bottoni bianchi, spiegazzato, emergeva da sotto un sacco di plastica di sainsbury's. allungava una manica lunga come una biscia su uno sgabellino di plastica gialla a destra. a sinistra, invece, non aveva manica...."
la sera del 7 settembre arriviamo in prossimità del carcere di bollate con un bel tramonto. lo sfondo contrasta nettamente con il triste e grigio edificio in cui entreremo. quando il gruppo di ospiti è completo si inizia ad avanzare, passando attraverso i metal detector, senza portare nulla con sé, seguendo le energiche indicazioni delle guardie. si attraversano porte con muri spessi e si percorrono corridoi che sembrano infiniti e ci fanno tornare alla mente immagine di film famosi. la temperatura sale e sembra mancare l'aria guardando gli edifici intorno a noi, attraverso le sbarre alle piccole finestre. si arriva infine ad un piccolo teatro con al centro, nella penombra, un pianoforte ed una tribuna gremita di detenuti che, all'arrivo di paolo alderighi scoppia in un fragoroso applauso. i nostri sguardi emozionati si incrociano con i loro, entrambi curiosi di guardarci e di sapere se siamo poi così diversi. per una volta loro sono sulla tribuna principale e noi, defilati, in un angolino. l'organizzatore corrado beldì presenta la serata e spiega che sarà un concerto di stride piano, con musiche degli anni '20-'30-'40 del secolo scorso, stile in cui l'illustre ospite è uno dei più importanti esecutori.
paolo alderighi, poco più che trentenne, diplomato al conservatorio giuseppe verdi di milano, laureato in economia per le arti la cultura e la comunicazione all'università bocconi, ha raccolto diversi premi per le sue grandi doti di musicista jazz. di recente ha pubblicato il terzo lavoro discografico a suo nome in pianoforte solo e partecipato a numerose altre produzioni collaborando con moltissimi musicisti noti nell'ambiente jazzistico mondiale. oltre ad esaltare le sue doti di musicista, la serata gli consente di sfoggiare doti di grande comunicatore: ogni brano viene presentato con le parole giuste ed accompagnato da aneddoti che meglio inquadrano il contesto in cui è stato composto o il nuovo arrangiamento preparato per l'occasione. nel buio solo un pianoforte ed un uomo a tiene in pugno il pubblico della tribuna, che spesso scandisce il tempo, rivelando la presenza di qualche musicista e sembra apprezzare parecchio la serata. noi, come per non disturbare un evento in cui ci sentiamo un poco intrusi, ci limitiamo ad applaudire calorosamente le bellissime esecuzioni. alla fine della performance il momento più bello ed emozionante della serata: il pubblico si mescola e gli ospiti prendono timidamente contatto con i padroni di casa. due mondi apparentemente lontani si sfiorano ed allora le domande scorrono spontanee da entrambe le parti. è stato molto bello incontrare persone che ci hanno raccontato le loro sensazioni ed aver colto tanti pensieri positivi, di uomini che nutrono belle speranze per il futuro, quando anche loro potranno uscire da quell'edificio da persone libere, esattamente come noi facciamo dopo aver ancora una volta ringraziato tutti. in particolare corrado beldì, marco scotti e novara jazz per averci regalato una serata così ricca di emozioni uniche.